Dalla sua natura derivano tutta una serie di ragioni che hanno portato alla protezione dell'area, prime fra tutte le molte grotte che si aprono specialmente sul lato occidentale del monte.
Grotte e Archeologia
La natura geolocica calcarea e i movimenti orogenetici avvenuti nell'Era Terziaria hanno fessurato, anche profondamente, le rocce calcaree, e permesso all'acqua di penetrare all'interno della montagna scavandovi grotte e caverne, budelli e pozzi che ancora invitano all'esplorazione.
Nelle grotte stesse sono visibili tutti i fenomeni tipici dell'erosione da parte dell'acqua meteorica e della rideposizione dei materiali calcarei sotto forma di stalattiti e stalagmiti, ma anche toncrezioni più piccole e più eleganti.
Le grotte sono un ambiente eccezionalmente ricco di reperti paleontologici e storici.
Tra i primi sono da annoverare moltissimi resti fossili dell'orso delle caverne (Ursus Spelaeus, estintosi 20.000 mila anni fa), che nell'iconografia classica contendeva all'uomo il possesso dei luoghi di riparo. Da queste lotte sarebbero scaturiti conflitti tra il grande plantigrado e i nostri antenati, che avrebbero causato l'accumulo di ossa d'orso nel fondo delle grotte.
Probabilmente la storia è un po' diversa, e le cavità erano semplicemente ripari utilizzati dagli orsi nel periodo invernale. La lunga frequentazione di uno stesso sito, durata anche diversi secoli, avrebbe portato all'accumulo di tutte le ossa fossili, senza che l'uomo avesse molto a che fare con quello che è accaduto.
In ogni caso, il 95 per cento delle ossa ritrovate nelle grotte del Fenera, specie quelle della Grotta Chiara "Ciota Ciara" e della Grottone "Ciatarun", appartengono appunto all'orso. Il restante 5 per cento permette di ricostruire la compagine faunistica della zona nei secoli e nei millenni scorsi. Si sono trovate ossa che permettono di determinare anche il clima, perché per esempio quelle di stambecco appartengono ovviamente a periodi freddi.
Nella grotta del Laghetto, sono state rinvenute anche borre subfossili di rapaci notturni, cioè le pallottoline che i gufi e gli allocchi rigettano dopo aver digerito le prede. Anche queste permettono di ricostruire il clima grazie alla (ovvia) presenza in esse di resti di numerosi micromammiferi, piccoli roditori e insettivori.Tra le specie trovate nelle grotte non mancano specie di dimensioni maggiori tra cui si possono ricordare oltre all'orso bruno, il leone delle caverne, lo stambecco, il cervo, il cinghiale, il castoro, la lince e la marmotta.
Sono state trovate infine anche prove dirette della presenza dell'uomo di Neandertal (Homo neanderthalensis), vissuto in questi luoghi circa 50.000 anni fa, una specie che ha affiancato per qualche millennio la nostra stessa specie (Homo sapiens) sul territorio europeo: nel 1989 sono stati trovati due denti che molto probabilmente appartenevano proprio a un uomo di Neandertal, forse unici nell'Italia dell'arco alpino settentrionale.
Molto di questi reperti sono visibili presso il Museo Civico di Paleontologia e Paleoetnologia di Borgosesia (Rif. Inizio Scheda).
L'ingresso alle grotte menzionate, data la loro importanza archeologica è tassativamente proibito.
Grotte e Speleologia
Di carattere puramente speleologico sono il Buco della Bondaccia e la Grotta delle Arenarie.
Buco della Bondaccia: la prima notizia che si ha di questa grotta risale alla seconda metà del 1600. La prima vera esplorazione sarebbe avvenuta lungo il ramo principale, presumibilmente nella prima metà del 1900.
A partire dal 1953 sono iniziate le esplorazioni sistematiche e i rilievi della grotta.
Una scaletta a pioli in ferro consente di superare il salto all'ingresso e di scendere nella grotta.
L'ampio salone iniziale è percorribile senza difficoltà per circa 80 metri fino alla sommità di un pozzo.
Da qui il procedere è per esperti speleologi.
Grotta delle Arenarie: si trova nelle vicinanze del Buco della Bondaccia. Ha due ingressi non facilmente individuabili. La su visita è per speleologi esperti.
La grotta con i suoi 3000 metri circa di sviluppo spaziale è una delle più lunghe del Piemonte. La prima sala è nota da sempre, ma è solo dal 1970 in poi che la grotta è stata sistematicamente esplorata, da parte di gruppi speleo di Borgosesia e di Biella che ne hanno anche effettuato il rilievo topografico.
Le grotte della Bondaccia e delle Arenarie sono visitabili previo consenso della Direzione dell'Ente Parco di Fenera